Se n’è andato Marino Golinelli, il collezionista che amava definirsi “un ricercatore”: la sua Fondazione e l’Opificio raccontano di una vita trascorsa tra scienza e arte
Qualche giorno fa ci ha lasciato a 101 anni Marino Golinelli, imprenditore farmaceutico di Alfasigma, mecenate e filantropo, uno dei primi membri del Comitato Consultivo della Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia. Accanto alla scienza, per Golinelli l’arte era una chiave essenziale di interpretazione della realtà, la cui passione, coltivata assieme alla moglie Paola, lo hanno portato negli anni ad aumentare la propria collezione che ha trasformato la sua dimora in una vera e propria casa‐museo nel cuore di Bologna.
Nel 1988 ha istituito la Fondazione Marino Golinelli con lo scopo di finanziare nuove strutture mediche e di organizzare seminari internazionali e programmi educational per avvicinare la biologia e le Scienze della Vita al pubblico, in particolare alle giovani generazioni.
A partire dal 2010 la Fondazione ha avviato partnership importanti (come quella con la Triennale di Milano) che hanno promosso e messo in mostra progetti espositivi dove le sperimentazioni (anche tecnologiche) dell’arte contemporanea si combinavano alle necessità di divulgazione della scienza. Un binomio perfetto, quasi olistico, che ha portato nel 2015 ad un passo ulteriore ovvero all’apertura dell’Opificio Golinelli dopo un notevole intervento urbano di riqualificazione territoriale.
L’Opificio Golinelli è un polo dove conoscenza e cultura diventano innovazione e dove l’attenzione per la ricerca, l’educazione, la formazione e l’impresa sono lati indivisibili della medesima visione. Le attività promosse negli anni dall’Opificio rivelano una costante tensione verso la crescita intellettuale e responsabile dei giovani che il fondatore ha sempre considerato con un occhio di riguardo perché in prima linea nell’influenzare le scelte del futuro.
Quasi un’intuizione pre‐pandemica la mostra del 2017 dal titolo “IMPREVEDIBILE, essere pronti per il futuro senza sapere come sarà” che aveva riunito assieme opere, tra gli altri, di Tomas Saraceno, Ryoji Ikeda, Olafur Eliasson e Ai Weiwei per riflettere sul valore vitale del cambiamento come fonte inesauribile di dinamicità e progresso.
Passione, ricerca costante e visione lungimirante erano le cifre stilistiche di Marino Golinelli, uno degli ultimi esempi di industriali italiani per i quali la cultura è parte integrante del core‐business.