Marguerite Humeau: il connubio fra scienza e arte

La 59esima edizione della Biennale di Venezia ospita per la prima volta l’artista emergente francese Marguerite Humeau (1986, Cholet, France) e con lei una profonda riflessione sui misteri dell’umanità.  

Entrando nell’ultima capsula dell’Arsenale, La seduzione di un cyborg, il visitatore viene accolto da tre sculture monumentali dalle forme fluide e sinuose, quasi danzanti. 

 

Marguerite Humeau, Biennale Arte 2022

 

L’opera non vuole richiamare una figura specifica: potrebbero essere degli organismi marini non conosciuti ma anche delle cellule sospese in un liquido organico oppure addirittura dei viaggiatori spaziali. 

In un’intervista rilasciata a Camerae Magazine, l’artista visionaria rivela che i suoi progetti nascono sempre da lacune, da enigmi collegati all’esistenza dell’uomo. È per questo che la realizzazione delle opere è  preceduta dall’indagine di tre ere dell’umanità: l’antichità, il medioevo e l’era contemporanea. 

 

Marguerite Humeau, La Niña, Migrations, 2022. Detail – Photography by Roberto Marossi, Courtesy of the artist; C L E A R I N G, New York / Brussels; and White Cube, London – Credits Flash Art

 

Da questo interesse deriva la sua collaborazione con zoologi, biologi e paleontologi che dà i suoi frutti nell’uso che Marguerite fa dei materiali: ha infatti creato una miscela alchemica di resine, alghe, minerali e vetro a cui ha aggiunto anche polvere di ossa. 

L’uso dei materiali e delle forme creano quindi queste figure dall’aspetto sovrannaturale, rievocando in ultima istanza la comprensione del tema madre che ha più afflitto la storia dell’umanità, che ha messo in relazione gli uomini appartenenti a tutte le epoche storiche: la mortalità. 

 

Marguerite Humeau, Biennale Arte 2022

 

Le sue riflessioni sulla morfologia animale, e sull’esistenza di una vita ultraterrena, si spingono anche nella direzione del cambiamento climatico, da cui possono nascere narrazioni inattese come ci viene esemplificato dall’installazione High Tide ospitata nel 2019 dal Centre Pompidou.