La galleria d’arte come una famiglia: la vision di Dep Art sul futuro

L’undici febbraio il team di SpeakArt era a Milano.
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare il Dott. Antonio Addamiano, fondatore e direttore della Dep Art Gallery, una delle gallerie più rinomate nel panorama artistico sia nazionale sia internazionale. È stato un pomeriggio istruttivo e interessante durante il quale si è parlato di arte a tutto tondo.
Al centro dell’incontro c’è stato il fenomeno della digitalizzazione dell’arte, sempre più necessario e imminente, insieme al bisogno di educare e orientare verso quella direzione i collezionisti e gli artisti, in particolar modo quelli più giovani, così da compiere piccoli passi avanti nell’impresa di rendere più trasparente un mercato tradizionalmente opaco.
Il Sig. Addamiano ci ha spiegato anche come la sua galleria ha gestito il Covid fin dalla prima ondata pandemica e di come abbia affrontato – aggiungiamo noi con successo – un periodo così difficile.
La sua forza, come lui stesso ha confermato, è data dal senso di famiglia e intimità che Dep Art è stata capace di costruire negli anni.
Ultimo, ma di certo non per importanza, il riferimento alla mostra personale di Regine Schumann ospitata proprio in questo periodo dalla galleria e che è protagonista anche di Viavai, lodevole iniziativa culturale in Via della Spiga a Milano.
Ringraziando nuovamente il Dott. Addamiano e tutto il team Dep Art per la disponibilità e la cortesia dimostrata, proponiamo qui l’intervista completa.

SpeakART: Dep Art è una delle gallerie più affermate sul panorama Italiano e internazionale. Nell’anno della pandemia, siete stati tra i pochissimi ad avere alle spalle un sostanzioso investimento digitale, precedente al Covid, grazie al quale eravate già presenti sulle principali piattaforme digitali (Artnet, Ocula, Artsy, Pinterest), e siete stati lungimiranti nel rinforzare la vostra presenza su Linkedin e Youtube. Questa si rivela ancora oggi una scelta vincente?
A.A: Possiamo dire che sì, è una scelta vincente. Sicuramente le due piattaforme che abbiamo continuato a seguire fin da subito sono state Facebook e Instagram, sulle quali siamo attivi già da sei anni e dove con il tempo abbiamo studiato una crescita strategica con qualche sponsorizzazione ad hoc. In ogni caso, alla base ci sono contenuti di valore con artisti di forte impatto visivo o con forte richiesta su mercato, come può essere ora Salvo (pseudonimo di Salvatore Mangione) o di artisti di fama internazionale come Wolfram Ullrich e Regine Schumann che hanno mostre in corso in Brasile e Giappone.
Per quanto riguarda tutte le altre piattaforme digitali, mi considero uno sperimentatore: sono uno dei primi ad essere approdato su Artprice – già dal 2007 -, così come su Artsy e Artnet che uso sia professionalmente che per motivi personali. Con il tempo ho avuto modo di provare diversi portali e capire le potenzialità di ognuno. L’ultimo social con il quale mi sono interfacciato positivamente è stato Pinterest: ho ordinato le moltissime foto che avevo e che raccontano quello che ho visto in questi anni partendo dall’arrivo di Kiefer a Milano all’Hangar Bicocca e via di seguito. Queste foto regalano anche uno sguardo più intimo alla galleria e alle nostre curiosità legate ai nostri viaggi. Poi il destino ha voluto che nascesse anche la collaborazione con il design e dopo tante richieste da aziende di vario tipo, è arrivata la proposta di Cassina e anche quelle immagini sono state inserite su Pinterest; sono felice nel confessare che è proprio la cartella incentrata sul design quella ad avere più successo. Ultimamente, abbiamo anche iniziato a sistemare la sezione dei libri grazie all’aiuto di un collaboratore esterno che ha in mano la gestione e la vendita dei volumi. Dep Art Gallery, infatti, è presente sia nelle librerie online e sia nelle fiere d’arte.

 

Antonio Addamiano, fondatore e direttore della  Dep Art Gallery  – Courtesy of Dep Art

 

SpeakART: Senza dubbio un successo incredibile ma può confessarci quali sono stati i tentativi, se mai ce ne siano stati, che non hanno portato i risultati sperati?
A.A: Gli esperimenti andati meno bene sono Widewalls e Ocula, sui cui comunque ci fa piacere rimanere perché di alto profilo e dal costo contenuto. Al contrario, ArsValue ha chiuso con le gallerie e si è orientato sulle aste. In assoluto, Artsy è il migliore ma in questo momento va meglio Artnet, dove arriviamo più spesso a terminare delle trattative.
Bisogna anche ammettere che non tutte le gallerie vogliono far parte di queste piattaforme perché sono meno predisposte a cedere i loro clienti, rischiando di entrare in competizione con altri per il prezzo o la vendita. Quando si è su questi siti, si è tutti uguali e ovviamente per le gallerie più grandi potrebbe essere un danno perché la visione delle opere è uguale per tutti gli operatori e non sempre si percepiscono i diversi livelli professionali.

SpeakART: Dep Art è quindi sinonimo d’innovazione e sperimentazione, quali sono i progetti in questo senso?
A.A: Esatto, la galleria è sempre aperta a nuovi esperimenti. Proprio in questi giorni ospiteremo una delle protagoniste di XFactor che, innamoratasi degli spazi della galleria e delle luci delle opere di Regine Schumann, per il lancio del suo album ha deciso di fare uno shooting fotografico. Il merito sicuramente è su tutti di Regine che attrae un pubblico sempre nuovo. A tal proposito tempo fa è venuto in galleria anche un influencer cinese che, colpito dalla galleria, ha postato le immagini su Instagram. Potete immaginare la risposta mediatica. Tutto ciò non si traduce in vendite ma in visibilità. Non bisogna mai dare per scontato o sottovalutare nessuna opportunità. La curiosità è la chiave, è giusto capire cosa c’è dietro qualsiasi fenomeno.

 

Il team di Dep Art  durante l’allestimento della mostra di Regine Schumann – Courtesy of Dep Art

 

SpeakART: Parliamo di pubblico. Ha notato dei cambiamenti nel livello di engagement su queste stesse piattaforme tra la prima ondata pandemica (Marzo–Giugno) e i mesi avvenire? O nonostante il calo dei contagi, si è rimasti fedeli al digitale confermando gli stessi numeri?
A.A: Per quanto riguarda il pubblico e il suo engagement, rispetto alla prima ondata pandemica, c’è stato un calo ma siamo stati lungimiranti nel realizzare dei contenuti originali e mettere online la mostra “Il gesto dell’oriente. Cinque voci dell’Avanguardia coreana”. Nel secondo lock-down abbiamo invece rielaborato il lavoro dei mesi precedenti, realizzando quattro interviste ai quattro artisti viventi che abbiamo in galleria (Turi Simeti, Alberto Biasi, Pino Pinelli e Natale Addamiano) e con l’aiuto di un video maker, rivedendo tutto il materiale che avevamo registrato durante la collettiva d’estate, siamo stati in grado di mettere insieme dei contenuti video nuovi che ad esempio, approfondendo la visione degli artisti ma anche la “vita” delle opere, la loro storia espositiva e il dialogo che istaurano con lo spazio dove sono collocate. È questo il caso di Pino Pinelli, proprio da lì abbiamo capito che forse le persone, stando di più a casa, avessero bisogno di qualcosa di nuovo. Cosa? Le interviste appunto, ovviamente modellate sui protagonisti: quella di Simeti è un’intervista biografica in cui comunichiamo il suo personaggio (il tutto sottotitolato in inglese) mentre quelle di Addamiano, Pinelli e Biasi sono state basate su un singolo tema così da incuriosire lo spettatore e, nel caso avessero avuto successo, avremmo poi lanciato una seconda edizione con un altro tema. Durante le interviste, pian piano, abbiamo capito cosa mancasse per migliorare. Da quella di Simeti che, anche per contenuti, risultava più semplice alle altre “a doppia inquadratura” arricchite da scatti fotografici. Sono sicuramente più complessi. Si tratta di esperienza: non c’è qualcuno che t’insegna come fare, anche lo staff ha imparato in questo modo a produrre i contenuti e a capire cosa potesse funzionare e cosa no. Ora abbiamo capito che il format di Biasi è quello giusto e alla prossima edizione, con protagonista Regine Schumann, sappiamo già in che direzione andare, velocizzando l’intero processo. Il mondo dell’arte è una nicchia, quindi difficilmente puoi chiamare qualcuno che sappia come realizzare un’intervista, a parte i giganti del settore come ad esempio David Zwirner o  Thaddaeus Ropac. In Italia non ci sono realtà specializzate che danno supporto all’arte in questo senso, specie in questo momento di emergenza con il Covid. Alla fine quest’esperimento è andato talmente bene che, quando si è trattato di fare gli auguri di buon anno ai nostri clienti con la newsletter, abbiamo mandato proprio le quattro interviste.
Siamo stati anche contattati da ArtsLife che, rimasti estasiati dal successo e dall’idea, ci hanno proposto la condivisione delle interviste sul loro canale TV: ArtsLife TV. Tutti i contenuti delle interviste sono poi confluiti su Youtube e abbiamo inevitabilmente ottenuto più contatti. È sicuramente un qualcosa nato per caso ma che diventerà parte del budget per ogni mostra a venire.

SpeakART: Restando in tema pandemia, nell’ultimo anno abbiamo perso la possibilità di avere contatto fisico con le persone. È venuto meno un aspetto fondamentale, specie all’interno del mercato italiano, che è quello del creare un rapporto con chi si ha di fronte. Guardando alla sua storia, Dep Art si è sempre impegnata nel creare un ambiente familiare e intimo in galleria. Quando sarà possibile, quali saranno i passi per tornare a quella condizione? L’arte è forte abbastanza per agire da collante e riavvicinare le persone?
A.A: Questo è l’obiettivo. Gli artisti della galleria sono affezionati a noi e viceversa, costruiamo con loro un rapporto duraturo così come con gli altri collaboratori. Ad esempio, lavoriamo sempre con gli stessi curatori, grafici e fotografi. Sempre a proposito di famiglia, proprio la settimana scorsa ho acquistato una piccola proprietà in Puglia, nel complesso un trullo e una piccola masseria, per realizzare una residenza d’artista.
L’idea è di creare al massimo sei o sette stanze così da poter ospitare gli artisti e altre persone insieme a loro. Un’iniziativa del genere, specie se proposta agli stranieri, piace molto: il trullo ad esempio, ha un fascino indiscutibile che attira sempre.Cercheremo di creare una situazione famigliare anche li. Ci tengo veramente molto perché credo possa essere un’occasione per creare rete e nuove connessioni,  anche perché è la terra d’origine della mia famiglia.

 

Il team di Dep Art Gallery – Courtesy of Dep Art Gallery

 

 

SpeakART: L’unione fa la forza. Lei è il rappresentante regionale per la Lombardia all’interno dell’ANGAMC, che è comunità per eccellenza ed è anche sinonimo di supporto poiché promuove lo sviluppo di un vero e proprio sistema di associazione delle gallerie. Nasce proprio da questo desiderio di coesione, la nuova funzione Mercato sul sito dell’Angamc. Tuttavia la maggior parte delle gallerie rimangono un settore prevalentemente privato e non sono propriamente famose per il loro spirito di collaborazione. Ci spiega meglio cos’è Mercato? Ci può raccontare come Dep Art si è imposto come esempio contro tendenza di questo mindset?
A.A: Si, ci siamo accorti che la metà dei quadri delle aste, erano quadri di galleristi.
Un po’ per poca conoscenza, un po’ per mancanza di tempo i galleristi danno le loro opere alle case d’asta alimentando troppo quest’ultime e danneggiando così inevitabilmente il nostro settore. Le aste quest’anno hanno fatturato tantissimo, anche solo quella più piccola è arrivata all’incirca a cinque milioni.
Abbiamo quindi sviluppato l’idea di Mercato e la comunicazione del progetto. Si tratta di una piattaforma nascosta in cui sono caricate decine di quadri che gli utenti, i galleristi appunto, possono vedere dall’interno. In questo modo abbiamo anche superato i problemi sui diritti d’immagine degli autori tutelati dalla SIAE. A essere onesto però manca un po’ il senso comune: i soci dell’ANGAMC dovrebbero essere più coinvolti ma molti, tanto per fare un esempio, non inseriscono nemmeno il logo dell’associazione in occasione di mostre o eventi. Il problema è la mancanza di collaborazione. Da parte mia, ho sempre pensato che potrebbe essere opportuno avere un manager che gestisca l’organizzazione dell’Angamc perché sono cose che non possono essere delegate ai galleristi già troppo impegnati su altri fronti, purtroppo però il regolamento vieta la direzione a chi non è gallerista. Ovviamente, è solo la mia opinione. Il lavoro del consiglio non è retribuito, anche noi paghiamo la quota associativa.

SpeakART: Digitalizzare l’arte è una necessità, come confermano anche gli eventi fieristici dell’ultimo anno. A maggior ragione, la catalogazione delle opere in galleria è un punto chiave per migliorare i servizi e la trasparenza di un mercato da sempre ritenuto opaco. Si stanno facendo passi avanti in questo senso?
A.A: Sicuramente siamo impegnati su questo fronte: emettiamo da sempre fattura con dettagli dell’opera e con fotografia, copiando un po’ il sistema che agli inizi degli anni 2000 era già stato messo in pratica da importanti gallerie straniere e da Sotheby’s. Un documento fiscale del genere, infatti, se corredato da foto e descrizione ha maggior valore in una futura compravendita rispetto ad un comune certificato senza foto.

SpeakART: Dep Art è anche la sede dell’archivio di Turi Simeti, artista cardine della galleria. Per facilitare il processo di archiviazione, avete inserito anche un format digitale da compilare. Ritiene che i collezionisti rispondano bene a quest’aggiornamento del sistema?
A.A: Si, anche i collezionisti rispondono bene. Riprendendo ad esempio il discorso delle foto in alta risoluzione per gli archivi, sono già tre o quattro anni che molti collezionisti dopo l’acquisto dell’opera ci richiedevano anche le foto professionali . Poi ovviamente c’è qualche collezionista che desidera rivolgersi ad un archivista per catalogare le sue opere, anche se questo è più ricorrente nel caso di eredità o Fondazioni in quanto c’è la necessità di controllare le autentiche in possesso.  L’archiviazione è un documento che oggi viene richiesto in qualsiasi compravendita di opere d’arte, nel rispetto delle norme vigenti. Nel mio caso, ad esempio, bisogna tener conto del fatto che Simeti ha prima emesso personalmente autentiche per quarant’anni, passando poi a utilizzare il servizio, a pagamento, di certificazione e pubblicazione di Artantide (Verona) per una decina d’anni – ed infine dal dicembre 2013 abbiamo creato l’archivio Turi Simeti, gratuito, con l’obbiettivo di valorizzare l’artista e la produzione del catalogo ragionato pubblicato da Skira nel 2017. Il caso appena descritto è esempio di come si sono evoluti i documenti di pari passo con la carriera dell’artista e con le tecnologie. Con un artista si hanno tre casi diversi di emissione di autentiche, migliorando la gestione dell’archivio nel tempo.

SpeakART: Vista la situazione attuale, parlare di obiettivi futuri è difficile e bisogna sicuramente rimanere con i piedi per terra. Molti progetti programmati per l’anno scorso sono stati rimandati a data da destinarsi, basta pensare alle fiere. In ogni caso, tra i suoi obiettivi dichiarati, sappiamo esserci proprio tre fiere: Art Bruxelles, Art Cologne, ed Expo Chicago. Come si sta preparando Dep Art ? Il mercato estero post Covid, spaventa?
A.A: Esatto, vogliamo concentrarci per bene sui progetti che sono rimasti purtroppo fermi nel 2020 come ad esempio Art Bruxelles, Art Cologne ed Expo Chicago, dove abbiamo deciso di presentarci con delle mostre personali in tutti e tre i casi perché riteniamo ci dia più carattere e forza visiva. Anche ad Artissima del 2020 avevamo in progetto un solo show dedicato a Mario Nigro, ma con il Covid la fiera “fisica” si è trasformata in un’ importante collaborazione con le più prestigiose istituzioni della città grazie ad un ottima idea ed organizzazione. Anche le fiere, secondo me, essendo un settore fortemente colpito avranno bisogno di tornare con progetti più speciali ed attrattivi. Per quanto riguarda invece tutte le fiere non ancora prenotate o organizzate, andiamo più cauti e aspettiamo di vedere come evolve la situazione, come il pubblico reagirà, come si riuscirà ad attrarre i futuri collezionisti e magari avvicinare il mercato asiatico. Le fiere sono investimenti economici notevoli e vanno affrontati con calma ripartendo, almeno secondo la mia opinione, da un approccio prudente senza indebitarsi e scegliendo bene le manifestazioni più idonee alla propria galleria. Le piccole giovani gallerie saranno ancora più attente nella scelta.

SpeakART: Dagli obiettivi futuri, passiamo a quelli già realizzati: “Viavai” in via della Spiga a Milano con Regine Schumann. Dep Art ospita dal 2 Febbraio fino al 30 Marzo la mostra personale dell’artista, da sempre considerata pittrice della luce. Adottando questa metafora, è questa un’iniziativa che porta un po’ di luce in una città stravolta dal Covid?
A.A: A novembre alcuni proprietari di negozi in Via della Spiga, in possesso di cinque spazi sfitti a causa della pandemia, hanno deciso di fare un’ investimento culturale per il rilancio della prestigiosa Via della città di Milano. Scegliendo a Federica Sala, un importante curatrice di arte contemporanea che, non solo ha selezionato cinque artisti, tra cui Regine Schumann, ma si è anche occupata dell’allestimento e delle pubbliche relazioni. Noi come galleria abbiamo sostenuto i costi dell’allestimento e del trasporto. È un piacere partecipare a questa iniziativa, che coinvolge la mia città in un momento difficile, e ci sentiamo fortunati poiché è stata scelta proprio Regine Schumann, artista di cui abbiamo la mostra personale in galleria. Un’altra fortuna, curiosità, quando si è trattato di scegliere il negozio, ho scelto di proposito il più essenziale, capace di far risaltare la bellezza delle opere dell’artista tedesca in contrasto con il “vuoto” dell’ambiente. Grazie alla pavimentazione nera lucida e alla presenza di specchi, la resa è incredibile.
Dal punto di vista mediatico, i giornalisti sono stati entusiasti ed è certamente un aiuto alla città di Milano: è il gesto forte di un privato che ha deciso di finanziare la cultura.

Antonio Addamiano con l’artista Regine Schumann – Cortesy of Dep Art

 

SpeakART: Vista la sua attenzione verso il mondo del digitale e dell’innovazione, in che misura ritiene che la tecnologia, non intesa come semplice catalogazione delle opere d’arte, sia efficace nel mondo dell’arte?
A.A: Penso, ad esempio, ai giovani artisti, che possono usufruire della tecnologia per organizzare e tutelare il loro lavoro fin da subito. Questo, affiancato alla fatturazione delle opere vendute, può permettere di realizzare un proprio archivio digitale che tuteli il loro lavoro anche negli anni successivi. Essere “tecnologicamente e digitalmente organizzati” vuole dire anche essere pronti per ogni richiesta. Che sia essa una mostra oltreoceano o la produzione di un documento per un museo o una fondazione.