I luoghi della cultura ai tempi dei DPCM
Per gli addetti del settore, ogni DPCM ha portato con sé dubbi e attese circa le indicazioni su chiusure, aperture e riaperture dei luoghi della cultura.
Dal 25 ottobre è stato tutto in discesa, o meglio in declino: prima la chiusura di cinema e teatri, poi la chiusura dei musei del 3 novembre, con l’unica eccezione delle gallerie d’arte private (tranne che per la tanto temuta zona rossa) perchè equiparate ad esercizi commerciali – da un lato fortunatamente, ma dall’altro con un implicito richiamo al fatto che nelle gallerie si venda e basta, senza riferimenti alla diffusione della cultura.
Grande trepidazione quindi in vista del decreto di dicembre, tanto atteso da chi sperava di programmare la settimana bianca e i pranzi con i parenti, ma anche delle istituzioni culturali che speravano di riaprire i battenti.
E invece no, o meglio chi lo sa quando accadrà: non è stata data infatti una risposta o un cenno a una possibile data di riapertura, non sono state pensate misure che la rendano possibile tramite un contenimento dei numeri di visitatori o spettatori (che c’è da dire non sempre, purtroppo, sono così elevati).
Se in una situazione di crisi la cultura non è considerata il problema maggiore, non può tuttavia neanche essere lasciata come l’ultimo dei problemi: e ci ha provato anche Sgarbi a lamentarsi con un ricorso che è stato “gentilmente” respinto dal TAR.
E ciò che forse accentua la sofferenza, oltre all’incapacità di poter agire e reagire, è quasi una forma di invidia per chi invece sta cominciando a rivedere la luce: andando in contro a una diminuzione dei casi, si prospetta la riapertura in Francia dal 15 dicembre, annunciata da Macron al suono della frase “La cultura è essenziale per la nostra vita di cittadini”.
In Inghilterra con il sistema dei tre sistemi di allerta, Londra è passata al livello intermedio con una riapertura dei musei dai primi giorni di dicembre.
In quasi tutta la Spagna i musei e biblioteche, cinema e teatri mai hanno chiuso, ma hanno dovuto provvedere a una diminuzione percentuale delle capienze a seconda della situazione territoriale.
In Italia tutto tace e tutto continuerà a tacere, almeno fino al 15 gennaio, obbligando a una continua e instancabile spinta verso il digitale, con iniziative, programmi e proposte sempre nuovi (anche a livello aggregato, come la appena passata Giornata del Contemporaneo organizzata da AMACI) ma a tratti anche sempre più disperati perchè obbligati.
Il digitale tanto può fare e tanto può aiutare, è mezzo di sostegno e di stimolo, che sicuramente in questo periodo è stato rivalutato e considerato come potente alleato dell’arte, ma non può ovviamente sostituirsi all’inestimabile valore della presenza e del lavoro umano.