Giampaolo Babetto, gioielli ad arte
Sarebbe molto riduttivo definire Giampaolo Babetto solo con l’appellativo di orefice.
Nasce a Padova nel 1947, dove studia all’Istituto d’Arte Pietro Selvatico per poi proseguire gli studi presso l’accademia di Belle Arti di Venezia. Oggi vive e lavora ad Arquà Petrarca (Padova).
Celant racconta Babetto – la formazione
Vogliamo fare le cose in grande e per introdurre – se mai ne avesse bisogno – Babetto, ci affidiamo niente di meno che alle parole di Germano Celant.
Nel saggio di apertura di “Babetto” (edito Skira) intitolato “Perpetuum mobile”, il celebre critico descrive, in un’ampia e dettagliata panoramica, la formazione di Babetto soffermandosi anche sulle contaminazioni dovute ai contatti con il Gruppo N, l’arte cinetica e programmata.
Seguono altre riflessioni: dai suoi viaggi in Olanda durante i quali approccia il neoplaticismo di Mondrian e Rietveld, fino all’avvicinamento all’astrattismo e al manierismo passando per la scelta dei colori – non affatto casuale : il blu rimando a Yves Klein o il rosso, colore di contrasto.
In “Perpetuum mobile” Celant afferma: “ (…) i gioielli di Giampaolo Babetto sottostanno a questa lettura duale: sono ornamenti ed elementi di distinzione che organizzano il visibile e l’invisibile di un sentirsi che è il riflesso di uno specchio, quanto di una mimesi.
Babetto fa anzi di questa dualità tra immobilità e movimento, tra identificazione e rigenerazione, tra essere e apparire, l’emblema della sua ricerca. Aspira a ricucire il nodo tra spirito e materia, congiungendo, nel vortice purificatorio dell’oro, maschile e femminile, naturale e artificiale, passato e presente.”
Le forme e il vuoto
Collane, anelli, spille, bracciali e così via: sono mille le declinazioni dell’arte di Babetto, ma sempre caratterizzate da essenzialità e semplicità, mai peccatrici d’eccesso.
La chiave è il disegno, con cui Babetto – per sua stessa ammissione – si diverte molto che sia o no traducibile in gioiello.
I tratti lineari, geometrici, per alcuni quasi “matematici” danno origine alle straordinarie creazioni che poi, a differenza di quelle di scultori o pittori, acquistano una funzione essendo indossati. Le forme pulite, segni distintivi dell’arte di Babetto diventano anche espressioni della sua stessa interiorità, dove l’apparenza non trova spazio, ma al contrario prevalgono sensibilità e discrezione nei modi e nello stile. L’essenziale porta al vuoto che è nelle forme dei gioielli ed è sinonimo di tensione esterna, al contrario se le forme fossero piene sarebbero più statiche, morte.
I materiali e i volumi
L’artista padovano è considerato uno dei maestri di spicco nella lavorazione del materiale, con cui dialoga e a cui rende sempre giustizia, anche grazie a tecniche raffinate di cui è esperto indiscusso come il niello medievale e rinascimentale.
Babetto spazia dall’uso dell’oro giallo, bianco o argento fino ai metalli più preziosi e quelli meno convenzionali come plastiche, vetro, ebano. Il materiale è poi anche strumento per rendere i volumi del gioiello che – regola d’oro – deve risaltare una volta indossato e non su un espositore. L’ispirazione per i volumi viene dall’architettura e dalle sue proporzioni così come dai dettagli che ci offre la natura stessa. I gioielli sono opere d’arte o meglio, piccole sculture, da indossare.
Giampaolo Babetto è l’artista del silenzio e della manualità con cui realizza i sui capolavori. Dai suoi gesti, infatti, che si ripetono in maniera costante nel processo creativo, si genera uno stato di pace e di riflessione.