Come vivremo insieme? Le riflessioni di Biennale Architettura 2021
How will we live together? Il tema della Biennale Architettura di quest’anno, scelto dal curatore Hashim Sarkis, che ruota intorno a una riflessione che concerne le modalità in cui poter vivere e convivere insieme: come esseri umani, come famiglie, come comunità, oltre le divisioni politiche, economiche e sociali, uniti nelle criticità che il nostro pianeta sta vivendo.
Il titolo stesso si pone come una domanda, tanto attuale quanto antica, in cui l’architettura e personalmente gli architetti sono chiamati a trovare una soluzione dove la politica e la società in quanto tale non riescono ad arrivare: pensare a spazi di convivenza che portino a un qualcosa di migliore, a un miglioramento delle relazioni e delle modalità di rapportarsi, esigenza fortemente sentita a maggior ragione dopo il periodo pandemico.
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Uncertainty, Spain Pavilion
I più di 100 partecipanti da 46 paesi si strutturano in cinque aree tematiche, a loro volta suddivise in approfondimenti: all’Arsenale troviamo Among Diverse Beings (riflette sul corpo umano e sui rapporti con altri esseri), As New Households (tratta le tematiche relative ai nuclei familiari e alle abitazioni) e As Emerging Communities (approfondisce le relazioni sociali nello spazio, con un focus sul futuro di Venezia).
Ai Giardini e nel Padiglione Centrale, la sezione Across borders vuole opporsi alle differenze sociali e politiche, proponendo una migliore suddivisione delle risorse, mentre As One Planet si focalizza sul pianeta, sul suo rapido declino e sulle soluzioni per arginarlo.
A questo si aggiunge la sezione How will we play together?, contributo di cinque architetti internazionali negli spazi di Forte Marghera.
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Central Pavilion
Tra le partecipazioni, spiccano progetti come quelli del Giappone che riporta gli elementi scomposti di una abitazioni, riconfigurandoli insieme a elementi e materiali contemporanei; la Germania che sorprende con uno spazio completamente vuoto ma fruibile virtualmente grazie a dei QR code; la Gran Bretagna che in “The Garden of Privatised Delights” riflette sull’uguaglianza sociale e sull’accessibilità nel rapporto spaziale tra il pubblico e il privato; il Belgio in un tour di progetti architettonici che vuole riproporre l’attraversamento di una città.
Ma in ogni padiglione, oltre che negli eventi collaterali, si possono stimoli e spunti per una riflessione mai scontata o banale, non tanto sull’architettura in quanto tale ma in una dimensione più universale e collettiva che mette l’accento sui rapporti e sul futuro.
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Composite Presence, Belgium Pavilion