“Andy Warhol: Machine Made”, l’artista americano in asta con opere NFT ma … sono originali?

Anche Andy Warhol ha ceduto.

Christie’s, proprio in questi giorni, è in asta con alcune opere in NFT dell’artista americano. Questa volta, i lavori presi in considerazione non sono però storicizzati o particolarmente noti, anzi poco conosciuti. La vendita è stata organizzata in collaborazione con la Andy Warhol Foundation e prende il titolo di “Andy Warhol: Machine Made”.

 

Andy Warhol: Machine Made – Courtesy Christie’s

 

Nonostante le opere in NFT non siano nemmeno così tante – solo cinque –, l’asta non è stata esattamente accolta con la totale approvazione degli esperti che contestano il valore dei pezzi, ritenendoli copie.

Senza dubbio, la storia è abbastanza particolare.

Le opere sono state realizzate in digitale dallo stesso Warhol con un computer Amiga 1000 donatogli da un’azienda con cui aveva iniziato a collaborare nel 1985. L’artista, nello specifico, le creò con un programma software chiamato Propaint. I file contenenti queste immagini sono stati quindi recuperati dal computer nel 2014 nell’ambito di un lavoro di ricerca e restauro portato avanti da Cory Arcangel – artista americano che lavora sulla sperimentazione nei new media – insieme all’Università Carnegie Mellon.

Non sembrerebbero esserci problemi ma se da una parte la fondazione dell’artista si dice entusiasta dell’asta così come Christie’s, dall’altra c’è chi è meno convinto.

 

A.Warhol – NFT in asta – Courtesy nftworld.com

 

Golan Levin, responsabile a capo del dipartimento della Carnegie Mellon che si è occupato del progetto, ha commentato come gli NFT in asta siano ben lontani dall’essere versioni originali poiché consistono in immagini “restaurate” in tempi moderni e ad una risoluzione più elevata rispetto a quella che era negli anni in cui Warhol le ha realizzate.

In breve, ciò che si contesta è che non si stiano vendendo opere originali ma proxy o “sostituti”.

In ogni caso “Andy Warhol: Machine Made” è in corso e fino al 27 Maggio è possibile fare un’offerta. Da parte sua, Christie’s si è difesa dichiarando come questa sia un’occasione unica per i collezionisti per certificare quegli NFT in blockchain.

Inoltre, nei vari botta e risposta tra le due parti, il problema della diversa risoluzione lo si è “risolto”  catalogandolo come un semplice restauro: le opere fisiche vengono sottoposte di norma a processi del genere, che differenza dovrebbe esserci con il digitale?